Abbiamo intervistato Michela Di Lanzo (MDL), un’artista abruzzese unica nel suo stile. Basta guardare le sue favole crudeli, per perdersi e tornare bambini, a quando intuivamo “le fragilità e i pericoli del mondo”.
Cosa sono la Metafora dei Mali del Mondo raccontata ai Bambini, e le favole crudeli?
Era una sera d’inverno del 2009 e come nelle migliori favole, iniziai a disegnare due occhioni a palla, era il primordio di tutto quello che poi è diventato realtà, erano gli occhi di “Cappuccetto rosso”.
Da lì l’idea, seppur banale, di reinterpretare dodici favole classiche, escludendo totalmente la scrittura, una singola illustrazione per ogni storia che, a colpo secco, ti facesse rimembrare tutto l’intero racconto.
Crudeli perché la favola è la narrazione più semplice per spiegare fin da bambini le fragilità e i pericoli del mondo.
Poi mi son detta, qual è la cosa che ti da fastidio quando acquisti un libro illustrato? Il fatto di tenerlo in libreria e vedere a colpo d’occhio solo il titolo sul bordo di copertina. Allora come puoi ovviare a questo? Semplice! Ne faccio delle cartoline da poter incorniciare a parete.
Raccontaci un po’ più di te, chi è Michela Di Lanzo? Che tipo di formazione hai, che percorso hai fatto prima di diventare MDL?
Dobbiamo partire davvero dal principio in questo caso con la classica frase <io da bambina ….>. Io sono stata una di quelle bambine che fin dall’asilo era una disturbatrice seriale, non dormivo e non facevo dormire gli altri piccoletti.
Le maestre mi mettevano in una stanza e ne uscivo sporca di colori dalla testa ai piedi.
Ero una bambina che passava i pomeriggi a catalogare i coriandoli per tonalità cromatica, separavo i veli della carta igienica e ci disegnavo sopra, raccoglievo foglie e fiori finchè non ottenevo tutti i colori, e quanto mi incazzavo a non trovare il nero in natura!
Direi che ho convinto così i miei genitori ad iscrivermi all’Istituto d’Arte, volevo fare la ceramista dapprima, ma, mi trovai al corso di Pittura e Decorazione Pittorica.
Poi ci fu l’Accademia ad Urbino, è qui che ho iniziato ad approcciarmi in maniera meno didattica a quello che era il mondo dell’arte.
Tanta sperimentazione e confronto sul campo, ma la delusione fece presto ad arrivare perché intellettivamente avevo raggiunto una consapevolezza e dimestichezza non indifferente, ma nella pratica non sapevo cosa avrei potuto fare nella vita con tutta quella conoscenza.
In preda a questa forte crisi, ho fatto un biglietto di sola andata per Berlino, avevo bisogno di perdermi in un mondo così distante dal fare Italiano, dal Barocco, dal sole, dall’abbondanza stilistica.
Mi sono avvicinata così al mondo dell’illustrazione ed animazione Est Europea; i contrasti forti del bianco e nero, la sintesi, la metamorfosi, la narrazione realistica senza troppi “e vissero tutti felici e contenti”.
Poi c’è stato il periodo Bolognese, avevo finalmente trovato una dimensione concreta per mettere in pratica tutto il nuovo fermento che mi passava per la testa, Bologna e l’editoria!
Sapevo che non sarebbe durata molto perché dentro il cuore era scoppiato nuovamente l’amore per la mia casa, dovevo tornare in Abruzzo, volevo tornare a vivere nei miei luoghi d’origine, lavorare sul territorio e con il territorio.
Vivi e lavori a Bucchianico, cosa ha questo posto di speciale?
Bucchianico per me è la metà di tutte le cose, è davvero “il centro del mondo”.
Anche considerandola geograficamente
è una collina che affaccia a 360° su tutta la bio/architettonica diversità che puoi trovare in Abruzzo: mare, città, borghi, calanchi, Majella, Gran Sasso, Sibillini.
Oltre e soprattutto essere il paese di origine di tutta la mia famiglia, forse sono qui per responsabilità di una casa.
Se penso alla parola Casa, io penso alla mia casa di campagna, quella che prima di me fu dei miei nonni, in una di quelle zone dove non è ancora arrivata l’illuminazione urbana.
Da dove vengono questi disegni, che genesi hanno?
Nel buio di quella casa in campagna, con mia nonna che instillava in me paure e racconti per insegnarmi.
Quando allo sguardo è nascosta la realtà, la fantasia prende il sopravvento.
Lei mi raccontava degli animali che arrivavano nei campi, dei serpenti a due teste con le corna, del “lupo dell’acqua” che arrivava nelle notti di plenilunio e si piazzava sotto l’ulivo davanti casa.
E c’erano le civette, che per lei erano preludio di morte, ma quelle poverine avevano semplicemente il nido in un anfratto al calduccio sulla tettoia della legnaia.
Lei mi raccontava le sue favole, tutti quelli intorno a me mi raccontavano cose spaventose, perché ero una peste e in qualche modo dovevano contenermi!
Hai anche diverse collaborazioni, come ti trovi a lavorare nella scena artistica abruzzese? Cosa ti piace, e cosa ti piacerebbe fosse diverso?
Collaborare è fondamentale, non solo sul nostro territorio ma in genere in questo mestiere. E’ un lavoro molto solitario, che ti costringe a lunghi silenzi e giorni di sedute a scrivania. Collaborare è sinonimo di mettere a disposizione le proprie capacità per la realizzazione di un progetto più grande.
Non nascondo quanto sia difficile trovare un compromesso tra il portare avanti la propria ricerca artistica e la richiesta di progetto, per non ridursi ad essere puro esecutore materiale di idee altrui.
Collaborare significa anche spaziare in diversi campi che non siano strettamente correlati al settore dell’illustrazione, la street art, l’abbigliamento, la musica, la grafica alimentare, ogni supporto può essere uno spazio bianco per comunicare.
Sarebbe sicuramente più positivo se le istituzioni o comunque l’andamento di pensiero generale nazionale, desse più rilievo e possibilità concrete, mancano gli input culturali molto spesso.
Il nostro è un territorio molto vasto, molto verde, si punta alla promozione del turismo e in quelle che sono le “grandi” città mancano spazi di condivisione, di studio, da poter trovare aperti ad ogni ora.
I posti sono fatti dalle persone e molto spesso le persone vanno via da qui e portano con loro il proprio sapere e fare, ci si ritrova così svuotati di potenziale e idee.
Puoi parlarci di una delle tue stampe preferite? Cosa racconta
Quale potrebbe essere se non “Abruzzo”.
Abruzzo è l’unione imprescindibile di due creature, la pecora e il Pastore Abruzzese, che non hanno senso di esistere l’una senza l’altro.
La pecora si perderebbe senza la guida vigile del suo Pastore, il cane si sentirebbe inutile e senza un posto nel modo se mancasse la sua pecora.
La loro simbiosi va a delineare una forma di cuore, il cuore che poi è l’altro simbolo abruzzese per antonomasia.
Oltre alle stampe hai anche diversi altri prodotti, come sono nati?
Effimero è tutto quello che nutre l’animo, è la felicità di un momento, è la spensieratezza. Mi sento dire questo termine, effimero, da tutta la vita, e allora che effimero sia!
Ho scelto di comunicare attraverso la favola, il racconto, il gioco, di recuperare tutti quei gesti ed oggetti con i quali ogni persona impara ad approcciarsi al mondo fin dai primi anni di età.
Qualcosa che puoi “leggere” ancor prima di imparare a leggere.
Qualcosa con cui puoi giocare, i Cupazzi, e non importa quanti anni tu abbia. Qualcosa da indossare.
Tutto rigorosamente realizzato in maniera artigianale collaborando con altre realtà locali che appoggiano il pensiero di autoproduzione, non da ultimo, una particolare attenzione alla tematica ambientale.
Per le stampe ad esempio, uso una carta che si chiama Shiro, è una carta ricavata dall’eccesso dell’alga Shiro che cresce nella laguna di Venezia.
Unita a fibre FSC, Forest Stewardship Council, un’ ONG garante che il prodotto è stato realizzato con materie prime derivanti da foreste correttamente gestite.
Cosa consiglieresti a chi volesse intraprendere un percorso come il tuo?
Come in tutte le professioni deve esserci una forte componente naturale, biologica diciamo, se non ci nasci, non puoi inventartelo, nel tempo diventa solo una questione di perfezionare il talento. Con questo non voglio ergermi a colei che è arrivata, anzi, non ti senti mai al capolinea di qualcosa.
Studiare, studiare moltissimo, il mestiere poi si impara con la pratica, con la conoscenza, il confronto anche e soprattutto con quello che non ti piace, ma l’indole di base deve essere molto forte e naturale.
Avere la capacità di invetarSi, di mettere in discussione le proprie certezze anche quando la strada ti sembra collaudata, tutto è progettazione, ogni cosa è possibilità.
Io dal canto mio, ho sempre pensato di voler fare il Pittore da grande, il pittore che dipinge i quadri insomma (detto in gergo), poi mi sono scontrata con la realtà dei fatti, con la concretezza e l’esigenza di un quotidiano che per scelta di territorio ed indole personale, non mi faceva sentire realizzata di tanto sacrificio.
Allora, praticamente da autodidatta, mi sono rimessa a studiare, libri e nuove formule, per capire come rendere concreto e funzionale tutto quello su cui avevo investito.
Sono approdata così nell’illustrazione, quasi per caso.
Ho trovato una strada concreta che mi da la possibilità di arrivare a chiunque, un modo di comunicare popolano se così vogliamo chiamarlo.
Per finire, cosa vorresti che tutti sapessero del tuo lavoro?
Che me lo sono inventata, ah no, già l’ho detto.
Che molto spesso è una tortura che non ti fa chiudere occhio la notte.
Che non ci sono giorni liberi.
Che quando sei in fila alle poste non sei angosciato di aspettare il tuo turno, ma sei perso a guardare come la luce del sole taglia il bidone giallo dell’immondizia.
Che ti alzi la mattina e sorridi perché fai quello che ami, anche se non paga, e che quindi la sera vai a letto incazzato come una biscia.
Che poi la mattina seguente ti alzi nuovamente con il sorriso e non potevi immaginare epilogo più bello.
Dove trovare i lavori di MDL?
Più che altro in mezzo alla strada.
Quando c’è la possibilità, non manco occasione di partecipare a festival di settore.
Altrimenti ho imparato ad essere una brava millennial, o almeno ci provo, e quindi su tutte le piattaforme social (Facebook e Instagram).
Infine ci sono le tre domande di rito del sito:
Posto preferito in Abruzzo:
Domanda alquanto complicata, perché l’Abruzzo per quanto lo puoi girare e vivere, ad ogni stagione, ad ogni umore è come se lo vedessi per la prima volta, ed ogni volta ti innamori alla follia.
Sicuramente l’entroterra è la zona che più preferisco.
Piatto abruzzese preferito:
Altra domanda complicata, na parol! Uno solo? Impossibile! La buona tavola è come la buona arte o il buon parlare, non è mai abbastanza.
Se proprio, potrei stilare una classifica, partendo dagli antipasti: pallotte cacio e ovo, il timballo, patate e salsiccia al coppo, le cancellate…
Proverbio in dialetto abruzzese preferito:
“Se chiche n’mezz a la neve, quande si squaije si smande“.
Se fai la cacca in mezzo alla neve, quando si scioglie si vedrà.
Detesto le bugie, le falsità.
Venusia
Oslo, Aprile 2021
Foto ed illustrazioni di ©Michela Di Lanzo
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