Francesca è giornalista e vive a Londra. Originaria della contrada Melone di Guardiagrele (CH), nel 2018 scopre di avere un’intolleranza al glutine. Decide allora di creare il blog “The Gluten-Freelancer”, sul quale condivide ricette abruzzesi per celiaci, in inglese. Recentemente, insieme all’azienda agricola Bucci di Orsogna, ha lanciato un nuovo progetto: il commercio di prodotti 100% abruzzesi, naturalmente gluten-free.
Francesca, com’è stata diagnosticata la tua intolleranza al glutine? In che modo ha cambiato la tua vita?
Nel 2018, sono stata ricoverata in ospedale a Londra nel reparto malattie infettive tropicali per un sospetto virus. Anni prima avevo lavorato in una pizzeria italiana e mangiavo ogni giorno pane, pizza e bruschette, una dieta praticamente basata sulla farina. All’epoca ignoravo completamente la mia celiachia. Il medico che mi aveva visitata in Italia aveva attribuito i miei mal di pancia quotidiani allo stress. Un giorno però, sono svenuta in casa e la mia coinquilina mi ha portata in ospedale delirante, con 41 di febbre. Ero completamente disidratata, dal momento che continuavo a mangiare glutine e a non assimilare nessuna sostanza. Il ricovero è durato un mese, durante il quale sono andata sottopeso di 15 kg. A lungo, prima di arrivare alla diagnosi corretta, si sono ostinati a credere che soffrissi di un’infezione batterica o virale.
Ti hanno ricoverata in malattie infettive per una “semplice” celiachia?
I sintomi con cui sono stata diagnosticata celiaca sono stati febbre alta, diarrea, vomito, facilmente confondibili con quelli di molti altri virus. Ancora oggi, le conseguenze di una diagnosi tardiva della celiachia possono essere tragiche. In generale, dal momento in cui ha origine, ci vogliono sette o otto anni prima di diagnosticarla correttamente. Nel mio caso, dopo settimane di coltivazione di batteri e nessun risultato, ero ormai sul punto di non farcela: il livello di potassio nel mio organismo si era pericolosamente abbassato, insieme ad altri valori fondamentali, e il mio cuore rischiava di cedere da un giorno all’altro. Quando un giorno qualcosa del genere è successo, hanno capito che dovevano intraprendere un altro tipo di indagine. Mi hanno fatto una colonscopia e una gastroscopia e mi hanno diagnosticato una “distruzione dell’intestino”.
Però ti sei ripresa.
Si, e sono tornata al mio peso normale. Il mio ricovero è cominciato i primi giorni di maggio del 2018, sono uscita dall’ospedale i primi di giugno. A fine mese, sono partita per New York per due settimane. È stato il viaggio che mi ha provato che sarei stata in grado di fare tutto. Ho passato tutta l’estate in movimento, non ho fatto altro che viaggiare. Non potevo fare a meno di pensare che, se ero sopravvissuta a questa prova, dovevo approfittarne al massimo. Dopo aver rischiato così grosso, non puoi fare a meno di pensare: “in fondo, sono solo celiaca”.
E una volta celiaci?
Non si torna indietro. Ma io ho trovato la forza di ricominciare a vivere.
E di creare un blog.
Si, The Gluten-Freelancer è nato nell’ottobre dello stesso anno. Ho iniziato per scherzo, anche se, essendo giornalista e appassionata di social, non l’ho preso alla leggera. Tutto è cominciato con una battuta che mi è stata rivolta sul fatto di essere italiana e celiaca: come si fa a rinunciare a pasta e pizza?
Agli inglesi che mi circondavano sembrava assurdo, ma il loro scetticismo mi ha dato la voglia di provare che anche gli italiani celiaci possono godersi la vita a tavola.
Inoltre, non riuscivo a trovare testimonianze di altri italiani all’estero con il mio stesso problema, né varianti senza glutine di ricette italiane. Ho capito subito che c’era un vuoto da riempire. All’inizio, provavo prodotti e ristoranti per celiaci e riportavo nel blog cosa ne pensavo. Ma mi sono resa conto di saper comunicare anche in altri modi, grazie alla mia formazione. Ho pensato allora che sarebbe stato molto più interessante cucinare e condividere le ricette.
In che modo hai reso la nostra cucina una risorsa?
Guardare alla cultura culinaria dalla quale provengo è stato del tutto naturale, ed
è stata una sorpresa scoprire che l’Abruzzo aveva del potenziale all’estero in quanto regione dalla cucina glutenfree.
La maggior parte dei nostri piatti tipici sono naturalmente senza glutine.
Il parrozzo, la cui ricetta originale di Luigi d’Amico è fatta con la farina di mais, la pizza di randinjie della pizza e foglie…Ho pensato che sarebbe stata una buona idea cominciare a fare solo questo. E ho sperimentato.
“My heritage is what fuels my recipes.”
Dal blog allo shop. Com’è nata la collaborazione con l’Azienda Agricola Bucci?
Da qualche anno, la mia amica d’infanzia Ilaria Bucci ha aperto un’azienda agricola, i cui prodotti sono naturalmente privi di glutine. Non è scontato. Sembra normale che in un barattolo di salsa al pomodoro non ci sia del glutine, ma in America, in Inghilterra è comune trovare delle farine addensanti che non la rendono affatto glutenfree. Lo stesso vale per gli insaccati e per tanti altri prodotti.
È importante sottolineare al nostro pubblico come i nostri prodotti siano naturalmente senza glutine e naturalmente vegani: all’estero non è scontato.
Le ho sottoposto allora la mia idea. Lei aveva già lanciato il suo marchio, il che ci dava un vantaggio, insieme al fatto di avere a disposizione un laboratorio. Ne parlavamo già da anni, e l’anno scorso ci siamo decise. Nel frattempo, il mio ex datore di lavoro ha voluto investire nel nostro progetto.
Come reagisce il pubblico inglese alla nostra cucina?
Il mio ex datore di lavoro è un buon esempio: si è appassionato alla mia cultura perché ha visto come ne parlo. Come mi appassiono nel conservare determinate tradizioni e abitudini. Ad esempio, andare al mercato la domenica mattina, fare la pasta in casa o il pane. È raro ricreare queste piccole cose in una città come Londra, ma non impossibile. Lui, come tutto il nostro pubblico, è stato colpito dal fatto che esista in Italia una regione che nessuno conosce, o molto meno delle altre, e con un potenziale di vendita notevole perché nessuno se ne è ancora appropriato.
Come avete adattato la vostra linea di prodotti al pubblico inglese?
Semplicità e unicità sono state per noi le parole chiave nella scelta dei nostri prodotti. Sappiamo come cucinano: non hanno per esempio l’abitudine di cuocere la passata di pomodoro, sono abituati ai sughi pronti. Bisogna allora offrire loro semplicità. Ma anche l’unicità è importante:
se proponiamo loro un prodotto raccontando esattamente la sua storia, gli diamo un valore aggiunto rispetto ad un qualsiasi marchio internazionale italiano che conoscono, ma che funziona anche per pubblicità pregresse.
E questo vale per il pomodoro delle salse, le marmellate, le zucchine. Poi ci sono anche tradizioni che non conoscono, come per esempio il fatto di conservare i prodotti sott’olio. Loro usano il sottaceto, il sotto sale, ma non hanno l’olio extravergine necessario per conservare sott’olio.
Unicità e semplicità: qualcosa di simile a quello che conoscono, ma diverso perché tradizionale e impossibile da trovare altrove.
Il vostro marchio è The Gluten Freelancer, ma i vostri prodotti sono adatti a tutti.
Vorremmo iniziare con il pubblico senza glutine, perché è il pubblico del mio blog. L’obiettivo però è di democratizzare il senza glutine a tavola.
Quali sono i vostri progetti futuri?
Per il momento abbiamo lanciato solo le salse. Ma ben presto sullo shop ci saranno marmellate di uva montepulciano, di mela cotogna, prodotti tipici della regione e della tradizione. Saranno tutti prodotti stagionali. Il concetto è questo:
dare l’Abruzzo naturalmente senza glutine quando i prodotti sono naturalmente disponibili nella nostra regione.
Stiamo progettando di creare delle box per il perfetto aperitivo: ovviamente, per arricchire la nostra gamma di prodotti, dovremo contattare anche altre aziende. Sono tante le cose che possiamo fare con questo progetto: il suo obiettivo è quello di valorizzare il territorio. Non si tratta solo di cibo, ma anche di turismo, o di editoria. Le idee sono tante.
Per quanto mi riguarda, ho sempre voluto fare la giornalista, ma anche raccontare la mia terra, un po’ come fate voi con Abruzzo.no. Grazie al blog, ho trovato il modo di farlo attraverso il cibo.
Non mi dispiacerebbe diventare una sorta di ambasciatrice all’estero della nostra regione, perché rimango convinta del suo grande potenziale. Senza glutine, naturalmente.
Terminiamo con le nostre tre domande di rito:
Qual è il tuo piatto abruzzese preferito?
Sagnette e ceci, senza dubbio, buonissime anche fatte con la farina di riso, in versione glutenfree. E poi pallotte cace e ove, che non contengono farina nella ricetta originale. Condite ovviamente con la salsa dell’Azienda Agricola Bucci.
Qual è il tuo luogo preferito in Abruzzo?
Sono nata e cresciuta in montagna, la campagna è il mio habitat naturale, ma la calata Turchino a San Vito è il posto dove mi sento a casa.
Per finire, il tuo proverbio abruzzese preferito?
“Pizze e merlitte a li cafune”: pizzi e merletti ai cafoni. Lo dice sempre mia madre alle feste di paese, e mi ha sempre fatto molto ridere.
Articolo di Francesca
Tolosa, Aprile 2021
Foto ©Francesca Della Penna
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