Remo Rapino, candidato al Premio Strega e finalista VINCITORE al Premio Campiello 2020, parla del suo libro: Vita, morte e miracoli di Bonfiglio Liborio, edito da minimum fax.
Quest’intervista è davvero unica, e noi ci sentiamo fortunatissime di poterla presentare, perché è un dialogo tra Remo e sua figlia Piera, avvenuto a distanza durante il lockdown dovuto al Coronavirus.
Un dialogo intimo e speciale, e ci è sembrato il miglior modo di parlare di questo libro di cui consigliamo caldamente la lettura.
Ringraziamo quindi Piera Rapino, e l’autore Remo Rapino per averci fatto questo regalo…
Chiacchiere tra me e mio padre, che da qui in seguito denomineremo l’autore.
Allora Autore, anche per me, che sono un’estimatrice della prima ora, direi della primissima ora, c’è tanta incredulità, gioia inaspettata per tutta l’attenzione che circonda questo Liborio. È stata proprio una sorpresa, come un girotondo, a cui si aggiungono sempre più persone. Gli sarebbe piaciuto a Liborio, ve’?
A volte si creano imprevedibili quanto inspiegabili sintonie tra un autore e le sue creazioni. Si pensi a Cervantes/ Don Chisciotte, al giovane Holden/Salinger, a Merault/ Camus, fino a M.me Bovary e Flaubert. Molto più modestamente a Liborio/Rapino.
Sì, è stata una bella sorpresa questa storia, un regalo inaspettato, un’avventura, un viaggio dove la bellezza non è nella meta ma nel viaggio stesso. Un po’ come l’Itaca di Kavafis.
Certo, anche un girotondo dove tutti si tengono per mano: personaggi, lettori, l’autore, dove gli sguardi si fanno corpi e ogni parola è un gesto d’amore, accoglienza ed accettazione della diversità.
Mi sento partecipe insieme a Liborio, perché, entrambi, siamo per porti aperti e non per alzare muri.
Spero che chi legge, colga le stesse sensazioni ed avverta le stesse speranze. In sintesi che si realizzi una coincidenza di anime.
Tutti quelli che leggono il libro mi chiedono ma Liborio è esistito veramente? Era proprio così?
Non è importante né possibile saperlo. I personaggi che respirano tra le pagine dei libri vivono sempre sul fragile confine tra immaginario e reale. Anche i sogni, in fondo, sono reali, e gli uomini, almeno in parte e per essere tali, condividono la stessa materia dei sogni.
Liborio, nella sua essenza, si struttura intorno ad infiniti Liborio. Voci e corpi che ci camminano a fianco e, in silenzio, si muovono e parlano dentro di noi. Esistono come noi esistiamo nel mondo, in questo o in un altrove, che da qualche parte pure sarà.
Io ho il mio ricordo di questo vecchio con la faccia da bambino, gli occhi grandi che mi sembravano fatti d’acqua, una camminata un po’ ondeggiante con le mani dietro la schiena…
Questa mi pare una descrizione appropriata, un giusto affresco. È bello immaginarlo davvero così: gli occhi grandi, un’acqua che lava ricordi e tristezze, forse lacrime di commozione, l’andatura un po’ da marinaio appena sceso dalla nave e non ancora avvezzo alla immobilità della terra, il cappotto con la martingala e le mani incrociate sulla schiena, piegata dai segreti del cuore, in tasca sassi per paura del vento. E il vento è qualsiasi cosa possa far male, un “segno nero” nel rosario dei giorni dove la vita si consuma.
E subito dopo ma è proprio la tua città? Che in effetti piena di matti e di personaggi di confine è…
Ogni città rimanda sempre ad un’altra città, come le Città invisibili di Calvino. E ogni città ha i suoi “fuori margine”. Anche il cortile della letteratura ne è pieno, anzi è proprio la scrittura a renderli visibili:
Liborio è in cielo, in terra e in ogni luogo: questo il miracolo più suggestivo!
Nel mio “Fuori margine”, appunto, ho descritto una ventina di “matti”, di idioti esemplari, come direbbe Ermanno Cavazzoni, quelle figure che, a vederle, ti viene subito da dire: Eccone un altro!
Eppure hanno diritto anche loro a far parte della comunità, all’accoglienza. Del resto in ogni città vi sono tante figure sociali: medici, artigiani, idraulici, barbieri, commesse, librai; ebbene vi sono anche i matti: Se no che città degli uomini sarebbe?
Loro, i matti, siamo anche noi.
Personaggio del cuore delle primissime pagine il maestro Cianfarra Romeo che mi ha fatto pensare immediatamente a nonno Beniamino anche il libro Cuore con le lettere d’oro e la copertina amaranto è lo stesso che ho letto io quando ero piccola! (che era poi il tuo di quando eri piccolo)
Ecco un’altra coincidenza di anime. Subito una notizia che rende ancora più incredibile tutta la storia.
Proprio in questi giorni ho avuto occasione di sentire per telefono la figlia e la nipote del maestro Cianfarra Romeo, che è entrato a far parte del libro perché, in stagioni lontane, era entrato a far parte della mia vita di alunno. Una storia incredibile, una emozione riemersa da anni lontani. Ancor più dopo aver scoperto di essere stato insegnante, al liceo, di suoi nipoti.
A giorni incontrerò i parenti del maestro, mio e di Liborio. Vogliono darmi una sua foto, quasi fosse ancora vivo.
La similitudine con il maestro Beniamino è alquanto calzante, tra l’altro erano amici oltre che colleghi. E poi c’è il libro Cuore, lo stesso libro che ormai conta più di 60 anni: un’altra vita e un altro piccolo miracolo!
E sottoscriviamo con Liborio che proprio antipatici ci stavano i bambini ricchi come Nobis e De Rossi e quel leccaculo di Enrico Bottini.
Certo, probabilmente Liborio avrebbe fatto comunella più con Coretti, Rabucco, il muratorino “muso di lepre, Nelli, Precossi o Coraci, il ragazzo di Calabria, si sarebbe divertito con Garoffi, avrebbe compreso e si sarebbe addolorato per Franti e le sue cattiverie rivoltose, avrebbe ammirato Garrone naturalmente.
Però nella logica liboriana, ci sarebbe stato posto anche per gli “antipatici” che citi tu, Poi il maestro Perboni sembra proprio essere la controfigura di Cianfarra Romeo. Anche le classi erano simili.
Liborio attraversa la vita come una specie di Forrest Gump cogliendo a volte l’essenza delle cose, comunque va, lontano dal suo piccolo mondo e poi ci torna che tutto è cambiato, Bologna è una bella parentesi. E’ stata da sempre presente nella nostra vita questa città, ora hai pure i nipoti bolognesi?…
Anche Bologna potrebbe essere un altro posto del cuore. Le vicende bolognesi di Liborio, al di là della parentesi di fabbrica, ricalcano le mie esperienze nella stagione dell’Università, i luoghi della città le persone: Piazza Maggiore e i discorsi infiniti di politica e vita varia nei capannelli serali, via Zamboni e il 36, le osterie di Fuori Porta, i larghi viali. E poi i portici e ancora portici fin sotto San Luca – una volta davvero li ho percorsi tutti, ricordo che era maggio.
Tutte le strade che ricordo, per me e per Liborio, sono come un vanto, un qualcosa che resta dentro.
Di Forrest Gump Liborio ha lo sguardo ingenuo e la voglia di entrare, in qualche modo, nel mondo degli “altri”. I nipotini bolognesi, infine, rappresentano, nella gioia di pensarli e viverli, un intreccio di sentimenti indescrivibili, al di là della distanza che ci separa. In qualche modo fanno parte anche dell’anima di Liborio, che ama Bologna soprattutto perché non deve comprarsi l’ombrello in caso di pioggia.
Invece una parte che mi ha emozionato tanto è quella corsa disperata che racconta le giornate di ottobre, la rivolta e quel pezzo di storia che ci è sempre appartenuto…
Sì, ritengo quella parte, insieme alle pagine dedicate all’esperienza manicomiale, la più riuscita del libro.
Le giornate ottobrine per i Lancianesi fanno memoria e orgoglio, sono dignità, cuore e ragione della Città.
Tra l’altro il capitolo sull’ottobre ’43 permette di individuare il luogo, i personaggi, le storie personali e collettive, pur senza nominarli direttamente, anche fuori dai confini locali (mi è successo a Parma, in una libreria durante la presentazione del libro; e mi ha fatto piacere che alcune persone abbiano riconosciuto Lanciano senza che questa fosse mai stata nominata nel libro).
Le vicende narrate sono molto vicine alla verità storica come alla narrazione orale, frutto di ricerche e letture specifiche. Ho solo immaginato Liborio come un ragazzo che corre in tutto quell’ “urra urra” di gente, di grida e di morti giovani, e se ne fa partecipe narratore. Devo dire che ho utilizzato molto materiale presente nel mio I ragazzi che dicevano occhi, dedicato appunto a quelle giornate gloriose e ai martiri di quella storia da non dimenticare.
Dentro queste pagine, nei personaggi, ci ho ritrovato il mio primo innamoramento per la letteratura sudamericana, quella specie di magia che cerca di cambiare il mondo, perlomeno lo sguardo delle persone… come la festa, la casa che si allarga per accogliere tutti e poi la poesia di chi riesce a pensare se stesso come nuvola, come girasole nonostante la vita disgraziata…
In effetti Bonfiglio Liborio un po’ sudamericano lo è. Nel suo passo c’è qualcosa di magico, di fantastico, lo stesso termine “miracoli” ne è testimonianza.
Le lapidi che segnano giorni e pensieri di tutta una vita (nuvola, girasole, fiommista, Aveva gli occhi uguali al padre, il ritornello Volare oh oh etc.).
Si possono ritrovare diverse assonanze con le vicende di Pedro Paramo di Juan Rulfo, con il personaggio di Macario, il matto di Pianura in fiamme, l’amore tardivo con la sua prima ragazza ricorda il Florentino Ariza e Femina Daza de L’amore ai tempi del colera di Garcia Marquez, il rituale delle pietre in tasca per paura del vento, il rapporto allegro e la simpatia affettuosa con le prostitute, una Memoria delle mie puttane tristi di Marquez.
Infine la festa finale è proprio un’esaltazione della fantasia e del sogno che tramutano in realtà. Con tutti quei personaggi, veri e immaginari, sembra proprio una grande festa con balli e musica di chitarre e tamburi.
Manca solo Garabombo l’Invisibile di Manuel Scorza, ma se è invisibile… forse c’è pure lui… che, in ultimo, tiene compagnia alla solitudine estrema di Liborio.
Grazie Autore, è un sacco di tempo che non ci vediamo, speriamo di rimediare presto.
Grazie a te, Piera. Rimedieremo.
Piera Rapino
Bologna, Giugno 2020
Foto ©Piera Rapino
Siamo noi di Abruzzo.no che ringraziamo ancora te Piera, e tuo padre Remo per questa intervista.
REMO RAPINO
è stato insegnante di filosofia nei licei (ha insegnato anche alla nostra Chiara!). Vive a Lanciano. Ha pubblicato i racconti Esercizi di ribellione (Carabba 2012) e alcune raccolte di poesia, tra cui La profezia di Kavafis (Moby-dick 2003) e Le biciclette alle case di ringhiera (Tabula Fati 2017).
Piatto abruzzese preferito
Rentrocele e pallotte casc’e ove
Proverbio abruzzese preferito
Piane merle ca la fratte è poche, Gna è l’urse accuscì è l’ursitte
Luoghi del cuore
Costa dei trabocchi ma nel cuore anche la Curva Sud Stadio Cinque Pini
PIERA RAPINO
è la figlia di Remo, e vive a Bologna ormai da quasi più tempo di quello passato in Abruzzo, ma sempre nostalgica del “mare suo” e degli affetti, come anche della pizza con alice e peperoni. Laureata in Storia dell’Arte, si occupa di tutt’altro, o quasi, portando avanti piccoli progetti e collaborazioni nel mondo della moda etica, nel mentre cerca di crescere due personcine a modo.
Piatto abruzzese preferito
Spaghetti alla chitarra con le polpettine
Proverbio abruzzese preferito
Gna è l’urse accuscì è l’ursitte
Luoghi del cuore
Costa dei trabocchi, la porta San Biagio (quando non c’era nulla), i vicoli e il mercato di Lanciano. Qualsiasi punto da cui si vede il mare.
Vita, morte e miracoli di Bonfiglio Liborio, è al momento:
Finalista al Premio Campiello 2020
Candidato al Premio Strega 2020
Vincitore del Premio Cielo d’Alcamo per il miglior excipit
Finalista al Premio Letterario Città di Rieti Centro d’Italia
Motivazione Giuria dei Letterati per il Premio Campiello 2020: Liborio Bonfiglio, protagonista dello stralunato romanzo di Remo Rapino, è una via di mezzo tra il classico scemo del villaggio e il pazzo illuminato, che in un linguaggio che pesca direttamente ma sapientemente nei modi più spontanei e sdruciti del parlato, ripercorre la propria vita e con essa un pezzo di storia italiana ben noto al lettore, ma osservato attraverso una lente deformante
Fabio Stassi di minimum fax presenta in questo breve video Vita, morte e miracoli di Bonfiglio Liborio
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